“Un’ascia che rompa il mare di ghiaccio che è dentro di noi” (F. Kafka) e fuori di noi è quello di cui abbiamo un disperato bisogno, specialmente oggi.
Per liberarci dalla routine assurda del criceto che zampetta in una ruota che non va da nessuna parte e ritrovare stelle polari e orizzonti ora oscurati da problemi e catastrofi che ci angosciano. E soprattutto per abbattere muraglie di estraneità e costruire al loro posto ponti che trasformino arcipelaghi di solitudini in reti di condivisione.
Già. Ma dove trovare quest’ascia liberante? È a portata di mano, antica e semplice: si chiama lettura. In questo tempo malato di indifferenza e di fanatici individualismi, leggere è – tra le altre infinite cose – anche un formidabile moltiplicatore di comunione.
Col profondo di se stessi, innanzi tutto. Perché “ogni lettore, quando legge, legge se stesso”; la pagina “è soltanto una specie di strumento ottico” che gli permette di “discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. (M. Proust)
E se non vogliamo essere ebeti rotelline che fanno funzionare un ingranaggio a volte insensato e altre perfino mostruoso, dobbiamo coltivare la nostra humanitas, avere il coraggio di domande grandi e vere e irriducibili, quelle che ci tolgono la tranquillità ma ci danno la pace.
E poi succede che “chi legge scava finché trova un fondo nel proprio io che è comune a tutti gli uomini. Scopre gli altri in se stesso” (G. Caproni). E arriviamo al secondo livello di comunione, quello con gli altri, col tempo e col mondo. “La lettura è una specie di porta d’ingresso su altri secoli, altri paesi, su moltitudini di esseri più numerosi di quanti ne incontreremo mai nella vita, talvolta su un’idea che trasformerà le nostre, su un concetto che ci renderà un po’ migliori o almeno un po’ meno ignoranti di ieri” (M. Yourcenar).
Spesso incapaci o impossibilitati a metterci nei panni degli altri, esercizio necessario a creare rapporti autentici e antidoto all’indifferenza che abbrutisce, attraverso la lettura possiamo sintonizzarci con pensieri, anime, vite, storie, mondi che mai e mai avremmo potuto anche solo immaginare. E farli nostri, amarli. Espandere la nostra umanità.
Infine, leggere ci mette in comunione con l’immenso patrimonio dello spirito. È quello che ci distingue dalle macchine e dalle solerti e disciplinate formiche che – per quanto ammirevoli ed esemplari nella loro organizzata operosità – non sanno chi sono, cosa fanno e per chi. Figuriamoci se sanno perché.
Leggere è come attingere a “granai pubblici” dove sono ammassate “riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire” (M. Yourcenar), e che anzi è proprio già arrivato alla grande.
Però le persone “dotate di risorse spirituali possono non solo risorgere da una catastrofe e rimediarvi, ma trasformarla addirittura in un grande momento creativo” (H. Butterfield).
No, decisamente la lettura non è un’attività demodé, o “un lusso, un simpatico optional per i momenti di relax. Se si trattasse soltanto di regalarci delle occasioni di piacevole intrattenimento, l’evoluzione si sarebbe già incaricata di eliminarla come un inutile spreco di energia. È stata proprio l’evoluzione a crearla, ad affinarla, a renderla indispensabile, quasi una componente dell’equipaggiamento genetico”. (E. Ferrero)
L’ascia per spaccare ghiacci e costruire mondi un po’ più umani dunque è servita.
Chiara Bernasconi